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A corte come sul red carpet: a Kensington Palace è di scena Crown to Couture
Che differenza c’è tra la corte di un re inglese di epoca georgiana e un red carpet contemporaneo? Nessuna. Questo l’assunto che ha ispirato la ricerca dei curatori di “Crown to Couture”, la mostra che dopo essere stata sospesa causa Covid, trova finalmente spazio e pubblico a Kensington Palace a Londra, fino al 29 Ottobre. Nella residenza per eccellenza delle feste e dei balli di corte, abiti, accessori, gioielli e tutti gli orpelli necessari a prepararsi per un grande evento sono disposti in modo da ritrovarsi ad attraversare le stanze del palazzo in un tracciato intuitivo che porta spontaneamente a condividere la tesi che ha ispirato la mostra. E così, si comincia con il più antico abito di seta argento indossato nel 1660, in bacheca accanto alla statuetta dell’Oscar conquistata da Audrey Hepbuurn, che nel 1954 insieme a Givenchy, scelse ed indicò come forgiare il vestitino chiaro per la cerimonia ad Hollywood. A corte come davanti ai flash del “regno del cinema”.
Moda, immagine e potere sono strettamente legati tra di loro da sempre, in particolare in tempi di opulenza, quando tanto era ed è concesso alla fiera delle vanità, all’uso dell’immagine per ottenere successo, affermazione e mandare messaggi; anche politici. Il XVIII secolo è stato un momento di grande splendore per la monarchia inglese, era l’epoca dei Grand Tour che portavano i nobili in giro per l’Europa, contaminandosi di stili e idee. I “macaroni” erano quelli particolarmente soggetti alla seduzione dell’opulenza italiana tra Venezia, Firenze, Roma e Napoli. Tracce sono ancora chiarissime nei dipinti e negli abiti maschili esposti. Sono poi tanto distanti dal desiderio di “eccesso” spesso sfoggiato alla corte del “re show business?”. Una risposta inappellabile si squaderna all’ingresso, con la struttura in nero e oro con le ali (difficile chiamarlo abito) indossata da Billy Porter al Met Gala del 2019. Stesso dicasi per le donne che, spinte dal desiderio di sedurre e attirare attenzione e possibilmente favori o, al meglio, un matrimonio redditizio, facevano sfoggio di ogni strumento per non passare inosservate. “Prega, mettiti addosso il migliore vestito che tu abbia mai avuto in vita tua e vai a corte” scriveva Josiah Wedgwood nel 1765. Sì, perché all’epoca, per presentarsi al cospetto del re e danzare confusi tra la folla di nobili non serviva necessariamente l’invito, il lasciapassare era l’abito più bello, elegante e raffinato. Un ottimo esempio è dato da quello giallo con gonna lunga tre metri, ma trasversalmente, che Lady Helen Robertson indossò, ancora indimenticata nel 1760.
Accanto a questo tripudio di sartoria, un modello di Moschino che ne segue le geometrie ma taglia drasticamente le lunghezze. Come a confermare che, anche la moda, non inventa mai nulla, ma reinterpreta, ricrea e adatta. In questo senso è quanto mai azzeccata l’idea di esporre il copricapo e l’abito d’oro creati da Peter Dundas, gentilmente prestati da Beyoncè che li aveva esibiti, col pancione, ai Grammy del 2017. Il manichino sta orgogliosamente in piedi davanti a due guardie e ad un trono porpora nella stanza in cui i reali ricevevano le visite private e che ancora reca l’indicazione che invita a fare l’inchino. E non sono cambiate le abitudini a corte, qualunque essa sia, luogo in cui si trama, cospira, spettegola alla grande. Le voci delle chiacchiere georgiane riecheggiano attraverso la sala dei tavoli da gioco e nel salone privato dove la regina riceveva gli ospiti d’onore. I privée, si direbbe oggi. E a chi ancora si domanda come mai un palazzo delle feste come quello di Kensington abbia tante sale così vuote, i curatori della mostra rispondono sorridendo: “perchè quelle sale erano piene di persone e di abiti molto ingombranti”.
Sicuramente tra di loro avrebbe trovato spazio la creazione di Versace indossata da Blake Lively al Met Gala del 2020. Visto da vicino è ancora più impressionante nella sua imperiosità. C’è spazio anche per i nuovi imperatori della moda, come la direttrice di Vogue Anna Wintour creatrice di fortuna e successo, essa stessa protagonista della corte come tutti coloro che dettavano legge: l’attrice modaiola Frances Abington, ritratta da Joshua Reynolds e la fashionista quanto sfortunata, Georgiana Cavendish, duchessa di Devonshire resa famosa da Keira Knightley 'La Duchessa' (2008). Girovagando verso l’uscita, tra gli outfit di Lady Gaga, Dua Lipa, e Kendal Jenner si arriva nella stanza del Gran Consiglio, là dove re Giorgio II nel 1756 scrisse la dichiarazione di guerra alla Francia. Oggi, i messaggi politici approfittano della risonanza dei grandi eventi, passano attraverso i costumi di scena, così come quelli scolpiti da Vivienne Westwood o dall’abito di Lizzo che con una scritta inequivocabile nel 2020, dalla passerella dei Billboard Music Awards, diceva agli americani 'VOTE', fino a Michelle Williams e al #MeToo nel 2018 ai Golden Globes . Perché al cospetto del re come sui red carpet, quando si dice qualcosa, in realtà si urla, oggi come ieri, nel bene e nel male.