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Con azionista controllo migliora la performance delle aziende. Serra (Algebris), modello public company ha fallito
Se ne è parlato nel webinar di Equita e Bocconi 'Shareholders’ ownership characteristics of Italian listed companies: do they really matter for performance?'
L'assetto proprietario delle imprese italiane è caratterizzato da un alto grado di concentrazione proprietaria e dall'esistenza di azionisti di controllo. E questa tipicità non è necessariamente negativa ai fini della performance. La presenza di un imprenditore o di una famiglia proprietaria ha un effetto positivo sui risultati aziendali, perché un azionariato stabile nel tempo riduce i costi di agenzia e garantisce al management il supporto necessario per il perseguimento di strategie di lungo periodo. Emerge dal nuovo paper realizzato dal Centro di Ricerca Baffi Carefin dell’Università Bocconi in collaborazione con Equita, presentato da Stefano Caselli, prorettore per gli affari internazionali e Algebris Chair in Long-term Investment and Absolute Return, e Stefano Gatti, Antin IP Associate Professor of Infrastructure Finance, durante il webinar 'Shareholders’ ownership characteristics of Italian listed companies: do they really matter for performance?'.
"La cosa più importante che ho capito da imprenditore negli ultimi anni è il concetto di 'rischio e ownership' di ciò che fai" dichiara il fondatore e Ceo di Algebris, Davide Serra, presente alla tavola rotonda successiva alla presentazione della ricerca. "Se guardiamo a 20 - 30 anni fa, il modello di public company era vantaggioso perché gli investitori erano case di investimento con 50-80-100 anni di storia alle spalle, dove spesso le famiglie fondatrici erano investitori esse stesse e dove i fund manager restavano per 20 - 30 anni. Si occupavano di un solo settore e avevano una grande competenza industriale. Allora, passare da una logica di fatto statalista come in Europa, con poca trasparenza e giri di sedie e poltrone in base ai governi, a quella della public company, era garanzia di trasparenza e accountability. Fu una grande fase. Poi però il modello di public company ha fallito, per il semplice fatto che il 60% di equity al mondo oggi è detenuto dai fondi passivi che non votano, non decidono e nessuno incontra nessuno. Peggio dei social". Dunque, sostiene Serra, "così come è passato il concetto che il passivo vince e non deve avere nulla di attivo, oggi la public company fallisce: molto semplice. Oggi i modelli americani vincenti sono quelli che hanno un modello di azionariato concentrato, dove c'è alle spalle un imprenditore e qualcuno che rischia di proprio. In questo, secondo me, il modello italiano è molto interessante". Un esempio? Serra cita Eni che "su un ciclo di 20 anni, per 1 dollaro speso rispetto alle 'grandi sorelle' ha trovato 3 volte petrolio e gas. Un esempio di competenza industriale sotto il controllo dello Stato". E della presenza dello Stato e del suo effetto positivo parla proprio il presidente di Eni, Lucia Calvosa. Essa consente di adottare "una strategia volta alla creazione di valore di lungo termine e determina, inoltre, anche stabilità nell'assetto societario". E proprio questa stabilità consente di "realizzare quella strategia d'impresa sostenibile che ora è uno degli obiettivi principali di tutti" allineato chiaramente con quello della "transizione energetica".
Serra porta anche l'esempio di Mediolanum. "Dalla quotazione ad oggi è il miglior titolo finanziario" e la ragione è da ricercarsi proprio nella presenza della famiglia, nella sua capacità di rischiare in proprio e nella strategia di lungo periodo posta in essere: "l'unico modo per investire e prendere decisioni non è il quarter successivo, ma il lungo termine" chiosa, evidenziando che "le famiglie illuminate sono il fulcro cui si deve investire". E bene ha fatto Cdp in Italia "a difendere gli interessi interni, a investire in alcuni settori, come fanno le altre nazioni. Non c'è nessun motivo per il quale dobbiamo essere una prateria aperta agli interessi altrui e non difendere i nostri". Cdp che, tra l'altro, costituirà un fondo, Patrimonio Destinato, nel quale saranno conferiti 40 miliardi destinati a 3.500 imprese che nel 2019 hanno registrato almeno 50 milioni di fatturato (anche di gruppo) avendo oltre 250 dipendenti con il duplice obiettivo di garantire alle aziende sane le risorse per superare la fase di crisi, oltre a sostenere le società più solide con l'ingresso dello Stato con quote di minoranza fino a 12 anni. E questi 40 miliardi gestiti, sottolinea il Cfo di Cassa Depositi e Prestiti, Andrea Montanino, hanno come padre il parlamento italiano, e come madre la Commissione europea che ha stabilito che si potesse andare in deroga agli aiuti di Stato per capitalizzare le imprese". Un ruolo importante quello di Cdp, tanto più che "mancano in Italia gli nvestitori domestici", evidenzia Francesco Perilli, presidente di Equita, con il flottante del Ftse Mib in mano a investitori esteri è il 93%". Nota positiva, l'incremento nel 2021 dei Pir Alternativi, "i cui vantaggi sono facilmente comprensibili".