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Conto salato per la pelletteria, fatturato giù del 37%

Gabbrielli, Governo faccia di più per il sistema moda

Pensate il conto che la pandemia presenta alla pelletteria italiana: nel 2020 crollano produzione industriale e fatturato, che registrano flessioni superiori a un terzo rispetto ai livelli raggiunti nel 2019. Pesanti arretramenti sia sul fronte dell’export – che ha perso 2,7 miliardi di euro nel corso dei 12 mesi, annullando quasi interamente la forte espansione del biennio precedente – sia delle vendite al dettaglio in Italia (-24,4%), duramente colpite dalle misure restrittive. Malgrado... (segue)

il comprensibile incremento degli acquisti online, si riducono significativamente i consumi delle famiglie e crolla lo shopping dei turisti. Cali generalizzati – e quasi sempre a doppia cifra – sui mercati più importanti, con rarissime eccezioni; nel Far East tengono le due principali destinazioni (+0,5% per entrambe), pur con una contrazione in volume: Corea del Sud, divenuta terzo cliente in valore, e Cina continentale (grazie ad un deciso recupero negli ultimi mesi). Si è ridotto del -27,8% l’attivo del saldo commerciale settoriale. Per il comparto della pelletteria italiana, dunque, nessun rimbalzo significativo dopo il lockdown primaverile. Chiusura d’anno decisamente sottotono e avvio 2021 ancora sfavorevole: dopo gli acquisti delle festività natalizie, la nuova ondata pandemica colpisce duramente anche la stagione dei saldi, allontanando la ripartenza. Prosegue la selezione tra le imprese (quasi 200 in meno rispetto al 2019, tra industria e artigianato) e affiorano tensioni occupazionali: 8 aziende su 10 hanno fatto ricorso agli ammortizzatori nel quarto trimestre. Nell’intera filiera pelle sono state autorizzate nel 2020 83 milioni di ore di cassa integrazione guadagni (+900% sul 2019).

A fornte di questa situazione, Franco Gabbrielli, presidente Assopellettieri, chiede che "siano attuate politiche che consentano alle aziende di tornare presto ai valori pre-covid. Il 2020 ha presentato il conto anche al nostro settore facendoci chiudere l’anno con un crollo del fatturato di circa il 37% rispetto al 2019 e una riduzione della quota di export del 25,5%; se andiamo ad analizzare i dati in maniera più approfondita il rammarico cresce ulteriormente considerando che, quanto all’export, il settore era in serie positiva da oltre 10 anni (dal 2009), mentre la pandemia ci costringe ora ad un balzo indietro di tre anni".

"Il nostro settore - sottolinea - vive di export e abbiamo la necessità, ora più che mai, che siano attuate politiche che consentano alle aziende di tornare presto ai valori pre-covid; il nostro sistema Paese non può permettersi di perdere competitività internazionale in questo settore, uno dei più performanti del made in Italy, e neppure che le nostre aziende finiscano nella mani di gruppi stranieri perché il nostro sistema non è riuscito a garantire loro il giusto supporto. Stiamo rischiando di perdere il controllo del saper fare, della tradizione, della cura dei dettagli e del gusto che hanno fatto la storia del nostro Paese e ci hanno resi famosi, rispettati e anche imitati in tutto il mondo".

"La nostra associazione - prosegue - si sta battendo per portare questo messaggio alle Istituzioni e per promuovere soluzioni industriali d’impatto per tutto il Sistema: una, in particolare, sarà presentata in occasione dei prossimi Stati Generali della Pelletteria, di cui spero di annunciare la data a breve. La pelletteria merita molto di più e ogni singola azienda sta lottando per rimanere in piedi e trovare nuove soluzioni di sviluppo, anche il Governo deve però fare di più e considerare centrale per il Paese il ruolo del Sistema Moda, cosa che ad oggi in pochi hanno fatto”.

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