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Coronavirus scoraggia quotazioni di nuove pmi, -20/25% le quotabili a inizio 2021
Turismo, ristorazione, spettacolo e pelletteria i settori più penalizzati
La propensione alla quotazione in Borsa per le piccole e medie imprese italiane potrebbe essere scoraggiata dagli effetti economici della diffusione del Covid-19. Tuttavia c'è sufficiente fiducia nel fatto che, superata la crisi, la tendenza ad accedere al mercato di capitali tornerà ai livello precedenti. Lo scrive la Banca d'Italia nel rapporto dal titolo 'L’impatto della crisi da Covid-19 sull'accesso al mercato dei capitali delle pmi italiane' a firma di Giuseppe Buscemi, Simone Narizzano, Francesco Savino e Gianluca Viggiano. Esaminando le caratteristiche di 88 imprese italiane ammesse al mercato Aim Italia (il segmento di mercato dedicato a imprese di più piccole dimensioni e ad alto potenziale di crescita) tra il 2013 e il 2019, il documento individua quasi 2.800 piccole e medie imprese non finanziarie con caratteristiche idonee alla quotazione prima della diffusione della pandemia. Impiegando simulazioni sui bilanci aziendali per il 2020 e tenendo conto degli effetti della prima ondata della pandemia, la stessa stima viene elaborata per il 2021. Il risultato è che, nonostante gli effetti della crisi sanitaria riducano del 20 - 25% il bacino a seconda dello scenario di riferimento, il numero delle imprese quotabili rimarrebbe molto elevato anche all’inizio del 2021. È quindi ipotizzabile che la tendenza alla quotazione in borsa possa riprendere dopo che la crisi da Covid-19 si sarà esaurita. La eventuale quotazione aumenterebbe la capitalizzazione del mercato italiano di 71 miliardi di euro nello scenario base e 68 miliardi nello scenario negativo, con un incremento di circa 4 punti percentuali in rapporto al Pil (dal 36% alla fine del 2019).
Nel rapporto si sottolinea come in Italia il numero di pmi quotate in Borsa risulti modesto sia rispetto al totale delle imprese, sia rispetto al numero delle imprese quotate delle altre principali economie. Tra il 2009 e il 2019 sui mercati di Borsa Italiana si sono quotate 237 nuove imprese, di cui oltre i tre quarti sul listino Aim Italia. Le imprese italiane, in particolare quelle di minori dimensioni, ricorrono in via prevalente al finanziamento bancario con la conseguenza di un sottodimensionamento del mercato borsistico italiano rispetto alle altre economie avanzate. Dal suo avvio e fino alla fine del 2019, ricorda Bankitalia, si sono quotate sul listino dell’Aim 182 imprese, di cui 142 non finanziarie, a fronte di 55 sul listino principale. Il numero di ammissioni è cresciuto nel tempo, fino a raggiungere nel 2019 il picco di 35 nuove imprese. Il valore totale della raccolta da Ipo sull’Aim nel periodo considerato è stato di 3,9 miliardi di euro. La liquidità è aumentata nel corso degli anni, favorita dalla crescita del mercato e dall’introduzione nel 2017 dei Piani Individuali di Risparmio. Anche se la media degli scambi giornalieri sull’Aim rimane molto più bassa di quella del mercato principale (11,6 milioni rispetto a 2,2 miliardi di euro nel 2019), la sua crescita annuale è significativa, con tassi intorno al 20% negli ultimi due anni.
L'avvento della pandemia e la conseguente crisi hanno interrotto la tendenza alla quotazione: nei primi cinque mesi del 2020 una sola società ha chiesto e ottenuto l’ammissione in borsa. Tuttavia, secondo lo studio, nello scenario Covid-19 il numero di pmi quotabili si riduce in misura significativa, ma lascia un numero comunque elevato di imprese dotate dei requisiti idonei alla quotabilità: tra 2.202 (-20% rispetto alla situazione pre-crisi) e 2.086 imprese (-25%). Le regioni più rappresentate rimangono la Lombardia (752 imprese e 708 imprese negli scenari base e negativo), il Veneto (282 imprese e 272 imprese) e l’Emilia-Romagna (245 imprese e 228 imprese). L’impatto della crisi si riflette in maniera diversificata tra i settori. Le riduzioni più rilevanti si registrano nei Servizi di alloggio e ristorazione, nelle Attività ricreative e nel settore Manifatturiero. All’interno di quest’ultimo, le riduzioni percentuali più significative si registrano nei settori 'Confezioni di articoli di abbigliamento e articoli in pelle', 'Fabbricazione di articoli in pelle e simili' e 'Altre industrie manifatturiere'. I settori Fornitura di energia e Sanità e assistenza sembrano invece beneficiare della crisi, con un numero di imprese quotabili in lieve crescita rispetto alla situazione pre-crisi.