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Cresce la contraffazione in Italia, il Paese è quinto al mondo (Rome Business School)
dopo armi e droga, il mercato nero dell’arte è infatti la terza industria criminale più redditizia: la percentuale media stimata di opere contraffatte in circolazione è del 45%.
Cresce la contraffazione in Italia, quinto paese al mondo, secondo la Rome Business School, per valore del mercato nero. La ricerca 'La contraffazione in Italia. Moda e arte: due pilastri del Made in Italy minacciati dal mercato del falso', a cura di Valerio Mancini, direttore del Centro di Ricerca della Rome Business School in collaborazione con Fabio Guglietta, Ceo di BiT256 e i professori Giosuè J. Prezioso e Michela Bonafoni, evidenzia che in Italia, ogni giorno vengono vendute 4 opere d’arte contraffatte: 1.547 nel 2020 contro le 1.083 del 2019, con una percentuale stimata di opere contraffatte in circolazione del 45%. Tra il 2008 e il 2019 sono stati effettuati 184,9 mila sequestri in Italia per contraffazione, con circa 569 milioni di pezzi sequestrati del valore stimato di oltre 5,8 miliardi di euro. Inoltre, il 48% del totale nazionale dei sequestri si concentra nella Lombardia (30,3%) e nel Lazio (17,6%). I prodotti contraffatti generano oltre 250 miliardi l'anno di profitti per la criminalità organizzata a livello mondiale e in Italia per almeno 2,5 miliardi, di cui almeno 225 milioni a carico delle aziende italiane. Tra i danni economici la disoccupazione: dal 2022 i posti di lavoro legittimi messi a rischio nel mondo saranno circa 5,4 milioni.
NEL DETTAGLIO
Secondo la stima di Illicit Trade (2020), l’Italia risulta essere il quinto paese al mondo per il valore totale del mercato nero ed è anche uno degli stati europei maggiormente colpiti dal fenomeno della contraffazione sia come paese produttore sia come paese consumatore. Il settore più esposto è quello dell'abbigliamento, con un valore della produzione di 2,2 miliardi di euro, pari al 32,5% del totale. Seguono il comparto degli audiovisivi, con quasi 2 miliardi di euro (28,5% del totale), il materiale elettrico e i prodotti informatici con un 1 miliardo di euro, i prodotti alimentari anch'essi con un miliardo di euro. Le categorie merceologiche più gettonate nel 2019 dai contraffattori sono gli accessori di abbigliamento, con un incremento rispetto all’anno precedente del +48%. In particolare, sono le borse e gli articoli in pelle le merci al primo posto fra i beni contraffatti importati: il 16% delle merci importate in Italia in questa categoria sono prodotti falsi. Seguono apparecchiature elettriche e quelle informatiche, con un incremento sopra il 90%, e le calzature con un +307% rispetto all’anno precedente.
Solo nell’ultimo anno, anche se in piena pandemia, in Italia, i prodotti contraffatti hanno garantito alla criminalità organizzata guadagni per almeno 2,5 miliardi, di cui almeno 225 milioni a carico delle aziende italiane. La Camorra è senza dubbio l'organizzazione più dinamica ed attiva, avendo già diversificato da anni le aree di azione criminale (la contraffazione di merci insieme al riciclaggio, al traffico di armi e di stupefacenti). Questa è attiva anche all'estero, mediante il controllo di attività commerciali - che mimetizza in attività imprenditoriali - e dando vita ad una complessa rete economico-finanziaria in Italia e in altri paesi, soprattutto in Europa occidentale, negli Stati Uniti, in Brasile, Canada e Australia. Non sono estranei alla contraffazione dei marchi anche clan appartenenti alla ‘Ndrangheta calabrese e alla malavita salentina.
A livello mondiale, i prodotti contraffatti generano più di 250 miliardi l’anno di profitti per la criminalità organizzata. Tra i Paesi le cui aziende subiscono maggiormente gli effetti di questo reato spiccano Stati Uniti, Francia, Svizzera, Germania, Giappone e Corea. Inoltre, dobbiamo considerare il danno economico prodotto dal mercato del falso, con la disoccupazione che ne consegue: secondo la Camera di Commercio Internazionale, infatti, si calcola che dal 2022 i posti di lavoro legittimi messi a rischio saranno circa 5,4 milioni, ed il danno d'immagine dei marchi nei confronti del proprio target di riferimento.
Per quanto riguarda i sequestri invece, secondo il Rapporto IPERICO 2021, tra il 2008 e il 2019 l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e la Guardia di Finanza hanno effettuato in Italia 184,9 mila sequestri per contraffazione, con circa 569 milioni di pezzi sequestrati (esclusi alimentari, bevande alcoliche, medicinali e tabacchi) del valore stimato di oltre 5,8 miliardi di euro, un grave danno per i veri produttori, aziende, marchi e titolari di brevetti.
I principali punti di snodo per le attività criminali legate alla contraffazione, sono rappresentati da Lombardia, Campania, Lazio e Liguria. I dati sui 12.422 sequestri per contraffazione evidenziano nel 2019 una concentrazione degli interventi nelle regioni Lombardia e Lazio, teatro del 48% del totale nazionale dei sequestri. La Lombardia, al primo posto con 3.765 sequestri (30,3% dei sequestri nazionali annuali), nel 2019 registra un incremento rispetto al 2018 del +34,7%. Nell’area di Milano (53%) e Bergamo (22%) sono stati effettuati il 75% dei sequestri lombardi. Il Lazio registra con 2.181 sequestri il 17,6% dei sequestri 2019 (-22% rispetto al 2018), dimostrazione che la Capitale con la sua vasta area metropolitana e l’enorme flusso turistico continua a rappresentare un mercato rilevante per lo smercio di prodotti contraffatti. La Campania si trova al terzo posto con 1.098 sequestri l’8,8% dei sequestri 2019 (-6,6% rispetto al 2018), ed è seguita da Puglia e Toscana. A livello mondiale invece, dalla ricerca emerge che i paesi di origine dei beni sequestrati si concentrano in Asia (83,29%), in particolare Hong Kong (46,4%), Cina (27,3%) e Turchia (10%). I principali settori coinvolti sono abbigliamento (29%), accessori di abbigliamento (19%), calzature (16%) e apparecchiature elettriche da Hong Kong; accessori di abbigliamento (32%), orologi e gioielli (29%) e abbigliamento (9%) dalla Cina; abbigliamento (34%), accessori di abbigliamento (31%) e calzature (24%) dalla Turchia. In Italia, più a livello locale, i “falsi” vengono realizzati prevalentemente in Campania (abbigliamento e commodity), Toscana, Lazio e Marche (prodotti in pelle), nelle regioni del Nord-Est e Nord-Ovest (orologi), ma tra i falsi prodotti troviamo anche pezzi d’arte di notorietà e qualità internazionale.
Un recente studio dell’Ocse (aprile 2021) ha quantificato in oltre 30 miliardi di euro il capitale generato dalla contraffazione di prodotti ‘Made in Italy;’ tuttavia, lo studio si concentra su beni di natura masso-commerciale – fra cui abbigliamento, prodotti elettronici e ottici, alimentare e farmaceutici – l’arte, come categoria, non è annoverata, ma si rivela comunque in forte crescita: solo nel 2020 il ‘Nucleo Carabinieri Tutela del Patrimonio Culturale Italiano’ – l’ente di difesa da queste e altre pratiche fraudolente – ha sequestrato ben 1.547 falsi, contro le 1.083 del 2019: in media 4 al giorno. Di questi, l’87% appartiene al segmento dell’arte contemporanea, la restante parte riguarda invece beni di altre epoche e reperti archeologici.
Nonostante i dati siano allarmanti, a renderli addirittura più seriosi è lo spettro del continuo ingresso di nuovi media coinvolti: salta all’occhio il boom nel sequestro di sculture, che è passato da 146 unità nel 2019 a 7.460 nel 2020. Oggi, dopo armi e droga, il mercato nero dell’arte è infatti la terza industria criminale più redditizia: la percentuale media stimata di opere contraffatte in circolazione è del 45%. Per gli autori, “l’Italia deve tenere sottocchio questo settore che si presenta florido e in crescita, dimostrando anche di avere la capacità adattiva di esplorare nuovi media come la scultura, nonché il web. Se dunque in prima battuta il contesto italiano si presenta come ricco forziere di opere imitabili e aperte alla contraffazione – con danni per oltre 30 miliardi di euro - e accusa i corrosivi interventi di contraffazione provenienti dai competitors esterni; dall’altro, quasi con un atteggiamento autoimmune, ne attiva di propri, mettendo in ginocchio i suoi produttori, che perdono in fiducia, distribuzione, equità e merito”.