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Il peso del conflitto sui mercati, parola agli esperti

Mentre si susseguono notizie e immagini di quello che si è rapidamente trasformato in un campo di battaglia, i mercati reagiscono in prima battuta con un crollo dei listini, il 24 febbraio, giorno dell'avvio delle ostilità della Russia nei confronti dell'Ucraina, fino a -5%, e all'indomani con un rimbalzo, che viene spiegato dagli analisti come una reazione 'positiva' all'annuncio di sanzioni relativamente contenute che verranno comminate nei confronti del Cremlino. Anche l''iniziale apparente apertura alla via diplomatica consente ai mercati di respirare. Il risultato è che nella giornata di venerdi con Wall Street in netto rialzo (Dj +2,51%, S&P 500 +2,24%, Nasdaq +1,64%) e cos' anche l'Europa (Francoforte +3,67%, Londra +3,91%, Parigi +3,55%, Milano +3,6%.  

Richard Flax, Chief Investment Officer Moneyfarm, sottolinea proprio che "la natura relativamente moderata (per il momento) delle sanzioni imposte alla Russia, e le rassicurazioni che la Nato non interverrà, hanno tranquillizzato i mercati sulla natura localizzata della crisi." Per quanto riguarda le materie prime, invece, evidenzia Flax "il prezzo di alcune è salito in modo scioccante. Ovviamente questo è l’aspetto che più spaventa gli investitori (da notare come alcuni Etf, concentrati sulle energie rinnovabili, abbiano performato positivamente).

Oxford Economics sottolinea invece come "l'invasione russa dell'Ucraina spingerà l'inflazione statunitense verso l'alto": Lanciata "apparentemente per installare un governo 'Russia-friendly'", essa "influenzerà l'economia degli Stati Uniti principalmente attraverso l'aumento dei prezzi dell'energia. La nostra modellazione dello shock energetico suggerisce un picco più alto a breve termine dell'inflazione CPI statunitense e un calo più lento fino al 2022. I prezzi al consumo sembrano ora destinati a salire oltre il 6% su base annua media nel 2022". Già "le letture dell'inflazione di gennaio hanno superato le aspettative"; ora "l'aumento dei prezzi dell'energia si aggiungerà alle prospettive dell'inflazione principale. Un tasso d'inflazione superiore al 3% sarà probabilmente considerato inaccettabilmente alto dal Fomc". Secondo Oxford Economics, "un significativo ciclo di inasprimento dei tassi ci ha portato ad abbassare la nostra previsione di crescita del PIL reale per il 2023 al 2,1% dal 2,5% precedente, e ci aspettiamo che la crescita del PIL a metà anno 2023 rallenti all'1,6% annualizzato".

"Quello che fino a qualche giorno fa appariva come un evento alquanto remoto, è diventato improvvisamente lo scenario di base (si veda la Figura 1): le probabilità di un conflitto esteso sono salite vertiginosamente nelle ultime ore, con l’aggravante di una minaccia diretta all’Unione Europea. L’invasione dell’Ucraina, infatti, spinge la guerra alle porte dell’Ue, visto che i Paesi confinanti sono tutti membri dell’UE e della tanto odiata Nato (Polonia, Slovacchia, Ungheria, Romania, ma anche i Paesi baltici se si considera la Bielorussia come facente parte del “nuovo blocco sovietico” in quanto alleata storica della Russia)". A rilevarlo Andrea Delitala, Head of Euro Multi Asset e Marco Piersimoni, Senior Investment Manager di Pictet Asset Management, secondo i queli però "i recenti sviluppi non escludono, però, del tutto la possibilità di una de-escalation futura. A tal fine, potrebbe risultare determinante la posizione della Cina. Il Paese asiatico sinora è rimasto sostanzialmente neutrale, nonostante il rifiuto da parte del Ministro degli Esteri di Pechino di definire “invasione” la manovra russa possa far sospettare un allineamento di interessi con i vicini di casa (un approccio simile a quello russo potrebbe essere usato per riportare Taiwan sotto il controllo diretto cinese). Tuttavia, la Cina ha anche un forte interesse a non danneggiare l’Ue, il suo principale partner commerciale, e potrebbe quindi decidere di non appoggiare ad oltranza l’iniziativa della Russia".

Per quanto riguarda il mondo occidentale, la reazione, notano Delitalia e Piersimoni, "sino ad ora si è concretizzata in una serie di sanzioni", fondamentalmente legate alle restrizioni all’accesso della Russia al mercato dei capitali, ma "l’arma finale in mano ai Paesi occidentali sarebbe l’esclusione della Russia dallo Swift, il circuito dei pagamenti internazionali. Tuttavia, gli esperti ritengono che questa potrebbe rivelarsi una mossa controproducente nel lungo termine, in quanto spingerebbe la Russia ad accelerare il passaggio a canali di pagamento alternativi, già ampiamente utilizzati per le transazioni interne (di cui rappresentano ormai un 20% circa del totale). Il risultato potrebbe essere la valorizzazione del prezzo del petrolio in valute diverse dal dollaro, come il renminbi, o persino in criptovalute, come il Bitcoin, un’eventualità che potrebbe quindi disincentivare gli Stati occidentali ad escludere la Russia dal circuito". "Che il 2022 non sarebbe stato un anno semplice per i mercati finanziari era stato largamente annunciato. Questa nuova crisi geopolitica va ad aggiungere incertezza ad uno scenario già turbato dal ritiro più rapido del previsto degli stimoli monetari e, soprattutto, dalla comunicazione erratica da parte delle banche centrali" concludono gli esperti di Moneyfarm.

Ora non resta che attendere la reale evoluzione del conflitto e soprattutto fino a che misura gli Stati occidentali saranno pronti a rispondere all'offensiva con sanzioni più gravi. Già questa mattina il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato che l'Italia appoggerà la disconnessione della Russia dal circuito Swift, notizia poi confernata da Palazzo Chigi in una nota nella quale di dichiara che "l’Italia appoggia e appoggerà in pieno la linea dell’Unione Europea sulle sanzioni alla Russia, incluse quelle nell’ambito Swift".

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