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Investire in titoli di stato per combattere il cambiamento climatico /Il COMMENTO
Hoxha (Pictet AM), "svista colossale escluderli da investimenti responsabili"
Gli investimenti responsabili hanno conquistato i mercati azionari. Tuttavia, sebbene la penetrazione nei mercati del reddito fisso sia stata più lenta, ora tale tipologia di investimenti sta prendendo piede anche nell'universo obbligazionario. Un'area rimane però trascurata: i titoli di Stato. Lo evidenzia Ella Hoxha, Senior Investment Manager di Pictet Asset Management, sottolineando che "si tratta di una svista colossale. Dopo tutto, sono i governi a stabilire le regole con cui le aziende e gli individui operano e, senza il loro sostegno e i loro investimenti, il mondo non sarà mai in grado di affrontare i problemi più urgenti, in particolare il cambiamento climatico". Ora, "concentrandosi sui Paesi che lavorano attivamente alla riduzione delle emissioni, gli investitori in obbligazioni sovrane possono svolgere un ruolo attivo nella lotta contro il cambiamento climatico e ridurre significativamente l'impronta di carbonio dei loro portafogli".
"Gli investitori nel reddito fisso svolgono un ruolo chiave nel fornire il capitale necessario a tenere sotto controllo il cambiamento climatico. Anche se presi singolarmente hanno un'influenza trascurabile sulla politica governativa, tutti insieme possono fare davvero la differenza: dopo tutto, la comunità degli investitori detiene 88.000 miliardi di dollari di obbligazioni emesse da governi e relative agenzie".
Ci si dovrebbe innanzitutto concentrare, sottolinea Hoxha, sulla "causa principale del riscaldamento globale: le emissioni di gas serra". In questo senso, "le nostre ricerche mostrano che le emissioni dei diversi gas tendono a essere correlate: i Paesi con emissioni elevate di uno di questi gas di solito ne generano anche molte degli altri". In termini assoluti, i Paesi più grandi avranno emissioni di gas serra maggiori rispetto a quelli più piccoli (la Cina ne emette la quantità maggiore al mondo). Se però osserviamo le cose su base pro capite, il quadro che si delinea è leggermente diverso. In questa classifica è la Mongolia a essere in testa, mentre la Cina emette meno degli Stati Uniti, della Russia o dell'Australia. Un modo ancora più efficace è confrontare le emissioni in relazione alle dimensioni dell'economia. Ovviamente, esaminare il PIL non fornisce un quadro completo. Il Regno Unito, ad esempio, importa molte merci estere e le emissioni necessarie alla loro produzione sono "contabilizzate" nei bilanci di altri Paesi. Si tratta di un dato molto difficile da valutare in modo completo e, in effetti, ogni governo è responsabile solo della sua politica interna, non ha un controllo diretto sulle modalità di produzione delle merci che importa".
Se si basassero sul livello attuale delle emissioni rispetto al PIL, "gli investitori obbligazionari dovrebbero premiare l'Europa occidentale (in particolare la Scandinavia). Anche alcuni mercati emergenti, come il Messico, sono relativamente verdi. Tuttavia, per affrontare il riscaldamento globale, gli investitori nel reddito fisso hanno anche il dovere di stimolare chi è in ritardo a ridurre le emissioni. Pertanto, riteniamo importante concentrarsi sui Paesi che si impegnano con successo a ridurle, in rapporto alle dimensioni delle rispettive economie" chiosa l'esperta. "Investire nelle obbligazioni di queste nazioni può significare escludere alcuni dei Paesi che sono tra i pilastri degli indici obbligazionari tradizionali. Tuttavia, a sua volta, ciò aumenta i benefici di diversificazione per gli investitori e dovrebbe tranquillizzare chi lamenta che la composizione dei fondi che affermano di incorporare criteri ambientali, sociali e di governance è troppo spesso sorprendentemente simile a quelli senza etichetta Esg".