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La moda maschile perde quasi due miliardi nel 2020, grandi speranze di rimbalzo da Pitti 100

Intanto il Governo proroga al 17 ottobre la Cig gratuita per il tessile-abbigliamento e pelletteria, divieto di licenziamento

Perde quasi due miliardi di euro di giro d'affari della moda maschile nel 2020. Un risultato peggiore del previsto, dal momento che il Centro Studi di Confindustria a gennaio aveva stimato una contrazione del 18,6%, mentre il calo è stato di quasi un punto percentuale in più (-19,5%) a 8.169 milioni di euro.

Le diverse merceologie che compongono il menswear hanno tutte sperimentato delle variazioni di segno negativo, anche se di diversa grandezza. La confezione (53,6% del fatturato settoriale) ha visto un calo del 20,3%, mentre la maglieria ha registrato una flessione del 14,6%, risultando il segmento meno colpito. La camiceria maschile ha archiviato un -25,6%, la confezione in pelle un -21,1%. Maglia nera per il segmento delle cravatte, pur ormai contenuto all’1,3% della moda uomo: nel 2020 si accentua drasticamente il trend negativo del settore, raggiungendo un -44,6% in termini di giro d’affari. Nel corso del 2020 il valore della produzione (attività produttiva svolta in Italia, al netto della commercializzazione di prodotti importati) è stato caratterizzato da una dinamica negativa su tassi simili a quelli del fatturato nella misura del -21,3%.    

L'export, nonostante l’emergenza sanitaria, ha mantenuto il suo ruolo strategico per la moda maschile italiana, concorrendo al 71,7% del fatturato. Su base annua, tuttavia, le esportazioni di settore cedono il -16,7%, passando a 5,8 miliardi di euro (1.171 milioni in meno in un anno). Similmente, nel caso dell’import si registra un grave calo, nella misura del -20,2%; le importazioni di moda uomo scendono, pertanto, a 3,7 miliardi di euro, perdendo 940 milioni circa rispetto al consuntivo 2019. Si assottiglia il saldo commerciale, che scende a circa 2,15 miliardi di euro, in calo di 230 milioni nei dodici mesi.   

In Italia il sell-out di moda uomo arretra del -30,1%. La Primavera/Estate ha in larga parte coinciso con una delle fasi più acute dell’emergenza sanitaria e si è chiusa con una contrazione del sell-out di Tessile-Abbigliamento senza precedenti pari al -43,3%. I bimestri peggiori dell’anno sono stati proprio il marzo-aprile, che si sono chiusi a -75,3%, e il maggio-giugno, caratterizzato da una variazione del -45,3%. Nella parte centrale dell’anno la moda maschile vede attenuarsi l’entità del calo dei consumi, pur restando sottotono rispetto a dinamiche più in linea con i trend del segmento: il luglio-agosto cede il -10,1%, seguito da un settembre-ottobre a -7,7%. Infine, nella parte terminale dell’anno (novembre-dicembre), caratterizzata dal secondo lockdown e, quindi, dalla prolungata e ripetuta chiusura dei punti vendita, il sell-out di menswear torna ad accusare flessioni molto accentuate, ovvero -39,8%. Con l’inizio del nuovo anno, non si riscontra ancora nessun cambio di passo; il 2021 si apre, infatti, con un primo bimestre in calo del -30% rispetto al gennaio-febbraio 2020. "Non di meno, il successivo lockdown a livello retail avrà ulteriormente penalizzato le vendite dei canali tradizionali nel marzo-aprile" nota Confindustria.

Nel 2020, la confezione (55,6% del sell-out di moda maschile) e la maglieria (26,3%, rispetto al 25,0% del 2019) presentano flessioni su tassi molto sostenuti, cedendo rispettivamente il 30,4% e il 26,2%. Il sell-out della sola camiceria (16,1% del mercato) perde il 31,9%, mentre le cravatte presentano un vero “tracollo” nella misura del 50%, dinamica che porta il prodotto all’1,2% del mercato maschile. Infine, i consumi di abbigliamento in pelle arretrano del -37,7% (0,9% della moda uomo).      

A livello di canale distributivo (si ricorda che tali dati, essendo disponibili per stagione, sono relativi al periodo compreso da marzo 2020 fino a febbraio 2021), il mercato uomo nazionale si conferma dominato dalle catene, che hanno raggiunto un’incidenza del 42,9%; nel 2020 la GDO sorpassa peraltro il dettaglio indipendente e diventa il secondo format per vendite di moda maschile intermediate in Italia, coprendo il 21,0% del totale. Proprio il dettaglio indipendente perde quota e passa dal 22,8% del 2019 al 18,1% del 2020. Guadagna terreno, invece, l’e-commerce: dal 7,8% del 2019 sale al 14,1% (più 6,3 punti percentuali). Del resto, nel periodo monitorato solo l’e-commerce, come noto, si muove in controtendenza: le vendite on-line di moda maschile sono cresciute del +17,4%. All’opposto, le dinamiche peggiori si sono registrate per gli outlet (-64,1%) e per gli ambulanti (-51,8%). Non di meno, il dettaglio indipendente arriva a perdere il 48,2%. Nonostante l’ampia fetta di mercato detenuta, sia le catene sia la GDO non sono comunque state risparmiate dai duri contraccolpi della crisi e presentano vendite in calo rispettivamente del -34,8% e del -37,4%.           

Con riferimento agli sbocchi commerciali, sia le aree Ue sia quelle extra-Ue presentano contrazioni delle vendite su tassi piuttosto simili: l’intra-Ue perde il 14,6%, l’extra-Ue il 17,9%. Il mercato Ue, privo del Regno Unito, non è più il maggior “acquirente”, ma passa alla quota minoritaria del 41,9% sull’export totale di settore. Dopo il secondo posto del 2018-2019, nel 2020 la Svizzera torna in prima posizione, grazie anche ad un contenimento delle perdite al -7,3%; assorbe così il 12% dell’export totale settoriale. Sceso al secondo posto, il Regno Unito accusa una contrazione più accentuata di quella media, calando del 21,3%. Germania e Francia perdono rispettivamente il 9,6% e il 13,1%, performando, quindi, meglio della media. Restando in ambito europeo, la Spagna, invece, arriva a cedere il 27,2%. Spostandosi nell’universo extra-Ue, tra le peggiori dinamiche si rileva quella degli Usa: l’export di menswear nel mercato statunitense arretra del -29%. Relativamente al Far East, l’export verso Hong Kong perde quasi il 30%, mentre la Cina “contiene” il calo al -5,5%. Il Giappone flette del 12,5%, ma è la Corea del Sud a rivelarsi il miglior mercato, evidenziando una crescita del +7,3%. Con riferimento ai mercati con export inferiore ai 200 milioni, si registrano ancora una volta variazioni negative: Paesi Bassi e Russia decrescono rispettivamente del -9,8% e del -14,7%, l’Austria perde il -26,9%, il Belgio il -15,2%. In controtendenza si muove la Polonia (+3,8%).    

 A fronte anche di questo scenario, la decisione del Governo, che oggi dovrebbe essere varata con un nuovo decreto legge, di prorogare di altre 17 settimane di Cig gratuita: fino 31 ottobre con conseguente divieto generalizzato di licenziamento per motivi economici (tranne le eccezioni, già previste dalle regole vigenti: cessazione definitiva dell’attività, accordo collettivo aziendale di incentivo all’esodo, fallimento). Ma intanto grandi speranze sono riposte in Pitti, alla sua 100esima edizione. Complice la campagna vaccinale e le riaperture, il secondo semestre dell'anno dovrebbe riservare soprese positive. Oggi la kermesse dedicata alla moda maschile riapre a Firenze nella consueta sede della Fortezza da Basso: 395 brand in totale, di questi 112 provengono dall’estero (28%); 338 i brand che partecipano sia in Fortezza sia su Pitti Connect, 57 i brand solo su Connect. Insieme a Pitti Uomo si svolgerà anche Pitti Bambino, alla sua 93esima edizione. Il '100' sarà il tema conduttore non solo di Pitti Uomo, ma anche di tutte le edizioni estive dei saloni di Pitti Immagine, con un logo e una grafica speciali curati dal graphic designer Francesco Dondina. La 'I' finale di Pitti diventa il numero '1', mentre i due zeri si toccano, simbolo di un mondo di contaminazioni, di contatti e anche della manifestazione fisica e di quella digitale, fortemente connesse. Più che un logo, un kit per creare, a proprio piacimento, un logo con 100 zeri diversi. Per Pitti Bimbo il 100 sarà '100% BAMBINO'.

 

 

 

 

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