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Manifatturiero giù del 14,7% nel 2020, ripresa nel 2021 (+5,3%)
Sistema Moda -18,6%, secondo Intesa SanPaolo e Prometeia
Il peso del Covid-19 si fa sentire sul manifatturiero italiano, sia sul lato della domanda, sia su quello dell'offerta. L'ordine della contrazione, secondo un rapporto della direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo e Prometeia, è del 15% in media d’anno. In questo contesto, l’unico settore in controtendenza è la farmaceutica, in crescita attesa del 4,2% nel 2020, mentre per gli altri le prospettive sono all’insegna di una flessione, moderata per alimentare e bevande (-4,4%) e largo consumo (-10,1%) e più intensa per sistema moda (-18,6%), meccanica (-18,8%), elettrodomestici (-22,1%) e autoveicoli e moto (-25,9%), fortemente penalizzati dal blocco degli acquisti di famiglie e imprese, sia in Italia sia sui mercati internazionali. Per il 2021, invece, è atteso un significativo rimbalzo, con una crescita del fatturato deflazionato pari al 5,3%. Nel triennio 2022-2024 l’attività manifatturiera proseguirà lungo un percorso di graduale recupero, a ritmi di poco inferiori al 3% medio annuo. La ripresa costituirà un’opportunità di trasformazione e modernizzazione del nostro tessuto produttivo, accelerando processi di innovazione e digitalizzazione già avviati nell’ambito della transizione verso il 4.0, che andranno a rinvigorire il ciclo degli investimenti. In questo contesto di ritrovata fiducia, anche le tecnologie green giocheranno un ruolo chiave, alla luce del percorso già avviato nell’automotive e delle indicazioni tracciate a livello comunitario.
"L’industria italiana, così come l’intera economia mondiale, sta vivendo una fase di profonda crisi economica. La gestione dell’emergenza - commenta Gregorio De Felice, capo economista di Intesa SanPaolo - può, e deve, essere l’occasione per accelerare i processi di trasformazione, in particolare nell’ambito della sostenibilità ambientale e della digitalizzazione della nostra economia. Investimenti verso progetti e produzioni a basso impatto ambientale rappresentano un fattore competitivo e di sviluppo per l’economia. A maggior ragione dopo questa emergenza sanitaria, che ha permesso di verificare i vantaggi delle nuove tecnologie (dal controllo non tradizionale delle fabbriche, alle vendite online, allo smart working), occorre accelerare sul fronte della digitalizzazione con uno sforzo congiunto delle imprese, anche quelle di minori dimensioni, e delle istituzioni, per aumentare gli investimenti (infrastrutture, processi produttivi, software) ma anche le competenze, su cui l’Italia sconta un gap non più sostenibile”.
Per Alessandra Lanza, senior partner di Prometeia, “la crisi internazionale potrebbe accelerare processi di near-shoring, già avviati per alcuni settori, al fine di garantire i cicli di fornitura anche nel caso di nuovi fenomeni epidemici e di contenere i rischi connessi a una produzione frammentata su scala globale. Ciò potrebbe, da un lato, offrire vantaggi competitivi per il tessuto manifatturiero italiano, con un potenziale guadagno di quote di mercato nei settori attualmente più esposti alla concorrenza dei produttori asiatici. Dall’altro però implicherebbe anche per le imprese italiane pressioni sui margini e la necessità di investire in R&D e in miglioramenti di efficienza”.