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Per cantieristica navale+nautica 11 miliardi di giro d'affari nel 2020 (+9,9%)
La cantieristica navale e quella nautica, che insieme contanto 1300 imprese in Italia, hanno chiuso il 2020 con un incremento del fatturato del 9,9% a oltre 11 miliardi di euro. In particolare il comparto navale ha visto un export in aumento del 12,6% a 4,9 mld di euro, in netta controtendenza rispetto al resto della manifattura italiana (rispettivamente -9,4% e -9% a/a – dati Istat). Non è stato però ...
l’unico anno in cui la cantieristica italiana ha registrato risultati positivi: nello specifico della cantieristica nautica, dal 2010 al 2019 il valore del fatturato è aumentato di 2,3 volte, contro una media dell’1,3 della manifattura, facendo registrare incrementi record in tutti i comparti: +133% nella produzione di entrobordo, +105% in quella di barche a vela, +76% in quella di fuoribordo (motoscafi e gommoni a chiglia rigida). Se sul fronte navale l’Italia è il quinto player mondiale e secondo europeo dietro alla Germania, in una classifica dominata dai giganti asiatici, le imprese italiane della nautica salgono sul podio degli esportatori, seconde sole a quelle olandesi, grazie a vendite all’estero che nel corso del 2020 sono state superiori ai 2 miliardi di euro (fonte Istat), più di quelle congiunte di Francia e Germania, rispettivamente quarto e terzo esportatore mondiale. Emerge da uno studio di Prometeia presentato nel corso del Forum delle Economie dedicato alla Nautica organizzato da UniCredit nell’ambito di #italianEXPerience, ciclo di incontri realizzati dalla banca completamente on line, dedicati ai principali settori industriali e arricchiti da "fiere virtuali" sul Digital Pavilion, una piattaforma messa a punto dal Gruppo per lo svolgimento di B2B a distanza.
Anche questo settore ha dovuto fare i conti con gli impatti della crisi sanitaria mondiale che per la nautica si sono manifestati sia attraverso il crollo degli scambi mondiali (-12% nel 2020), sia con il sostanziale blocco della mobilità internazionale, in particolare quella legata al turismo straniero, continua a perdurare anche in questa prima parte di 2021.
Come in molti altri settori di punta del made in Italy, anche per la nautica è cruciale il ruolo dei distretti di specializzazione, in particolare quelli dell’Alto Tirreno (da Genova a Livorno), dell’Alto Adriatico (da Trieste ad Ancona) e della Lombardia, territori dove la stretta connessione tra produttori e fornitori (terzisti, progettisti, componentisti, allestitori) consente di valorizzare al massimo i punti di forza della filiera nautica. Nella speranza di superare la crisi pandemica nei prossimi mesi, la nautica italiana dovrà fare i conti con i grandi trend settoriali, legati, da un lato, ai cambiamenti nelle preferenze dei potenziali acquirenti e alla loro provenienza geografica e, dall’altro, ai percorsi di innovazione.
Sul primo fronte competitivo, un piccolo segnale di un possibile diverso approccio alla fruizione del mare è venuto, sulla scia degli effetti della pandemia, dal crescente interesse degli italiani per le vacanze in barca: nel corso del 2020 i dati di Google Trends hanno fatto segnare il record storico per questo tipo di ricerche su internet, con una crescita del 40% rispetto al 2019 e che non accenna a diminuire anche nei primi mesi del 2021. Un piccolo segnale, probabilmente non significativo allo stesso modo per tutti i tipi di imbarcazioni, ma che si inserisce nel solco dei paradigmi della sharing economy, con una maggior preferenza per la fruizione effettiva del bene piuttosto che per il suo possesso, in particolare per beni dall’elevato valore monetario.
È però sui mercati internazionali che si giocheranno le sfide principali con gli altri player mondiali, in particolare nell’intercettare una domanda potenziale che è molto segmentata a livello economico-sociale. I dati di commercio internazionale relativi alla nautica non consentono, complice il peso dei paesi con vantaggi fiscali per iscrizione e immatricolazione dei natanti e la non necessaria coincidenza tra nazione importatrice e nazionalità dell’acquirente, questo tipo di identificazione geografica dei mercati, che si ricava invece in modo indiretto. Per esempio, verificando le destinazioni di altri beni con forte connotazione di status sociale e a elevato valore unitario, come le automobili di lusso o le antichità d’arte, che hanno una maggior aderenza tra nazione importatrice e acquirente. O, in un’ottica più di medio periodo, considerando il ruolo svolto dalla formazione culturale nello sviluppo dei gusti e delle aspirazioni delle classi sociali mondiali a più alto reddito: in questo senso, la nazionalità degli studenti iscritti ai master delle più prestigiose università Europee e del Nord America. In tutti questi casi, oltre ai mercati tradizionali, appare evidente il crescente ruolo dei Paesi del Medio Oriente e dell’Estremo Oriente, all’interno dei quali, integrando le informazioni sui grandi patrimoni individuali (più o meno distorte da effetti fiscali e dalla volatilità dei patrimoni azionari) è possibile identificare potenziali bacini di futuri acquirenti.
Date le forti radici industriali del settore, poi, sarà cruciale riuscire a mantenere un ruolo di primo piano nelle traiettorie di sviluppo e innovazione. Guardando il numero dei brevetti relativi ai materiali per gli scafi e ai motori marini, l’Italia risulta essere il nono paese mondiale, in ritardo rispetto ai maggiori concorrenti, europei e non (Stati Uniti, Olanda, Germania e Francia). Un ulteriore sforzo per affermare in modo riconoscibile e oggettivo, attraverso i brevetti, il costante lavoro di innovazione svolto dalle imprese italiane potrebbe