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Tessile, -26% la produzione nel primo semestre dell'anno

Giù l'export tra gennaio e maggio del 34,4%

Per la tessitura italiana, il 2020 si era aperto con un primo bimestre piuttosto favorevole, ma la pandemia ha fatto crollare la produzione che, nei primi sei mesi dell'anno, cede il 26%. In particolare, secondo quanto diffuso dal Centro Studi di Confindustria Moda, in febbraio la produzione industriale della tessitura aveva registrato un +4,2% rispetto al febbraio 2019, la produzione industriale della tessitura a maglia un +0,3%. Nel primo bimestre l’export aveva contenuto il calo al -3,7%, mentre l’import aveva frenato segnando -0,2%. Copn lo scoppio della pandemia e la chiusura delle attività, in marzo ed aprile la produzione industriale (corretta per gli effetti di calendario) della tessitura ortogonale cede rispettivamente -34% e -73,1%, mentre quella a maglia -55,5% e -85,1% (fonte Istat). Con la riapertura completa delle attività in maggio, la produzione rimbalza rispetto ad aprile ma resta sensibilmente inferiore rispetto al maggio 2019: per la tessitura ortogonale si riscontra una variazione del -14,6%, per quella a maglia del -19,3%. Nel mese di giugno si registra poi un nuovo deterioramento: l’indice di produzione industriale della tessitura cala del -31,3% rispetto al giugno 2019, quello della tessitura a maglia del -33%. Su base trimestrale, nel gennaio-marzo la tessitura cede, dunque, l'11,5% mentre la tessitura a maglia arretra del 22,1%; nel medesimo periodo il tessile nel suo complesso perde il -16,3%. Nel secondo quarter, invece, la flessione risulta pari al -38,4% per la tessitura e del -41,8% per la tessitura a maglia.  Sintetizzando i numeri relativi alla prima parte dell’anno, su base semestrale quindi, l’indice ISTAT di produzione industriale registra una flessione del -25,1% per la tessitura e del -31,7% per la tessitura a maglia, mentre per il comparto tessile nel suo complesso l’arretramento raggiunge il -26%.     

Per quanto riguarda l'export tra gennaio e maggio (ultimo dato ad oggi disponibile) le vendite estere archiviano una contrazione pari al -34,4%, mentre l’import perde il -24,9%. Il saldo commerciale di comparto si porta sui 500 milioni di euro, in calo, dunque, di circa 356 milioni rispetto all’avanzo del corrispondente periodo del 2019. Circa le performance evidenziate dai singoli mercati di sbocco, emerge un quadro scarsamente differenziato a fronte dell’impatto mondiale avuto dal Covid-19. Una minima distinzione può essere fatta per quei Paesi che da gennaio a maggio 2020 hanno sperimentato un calo inferiore al -30% rispetto al medesimo periodo del 2019 e quanti hanno, invece, accusato flessioni di ben maggior entità, superiori al -30% o addirittura superiori al -40%. Tra i primi si annoverano in realtà pochi Paesi, ovvero Germania (-25%), Francia (-26,7%) e, su livelli decisamente inferiori, Polonia (-26,5%). Cali dell’export compresi tra il -30% e il -39,9% riguardano, invece, Romania (-37,4%), Stati Uniti (-34,7%), Tunisia (-36,3%), Spagna (-33,7%), Regno Unito (-32,5%), Marocco (-34,6%).  Gli altri Paesi sempre rientranti tra i primi 15 per valore di export di tessuti italiani, accusano invece flessioni del -40% e più; tra questi Cina (-41,6%), Giappone (-41,9%), Portogallo (-46,5%), Bulgaria (-42,8%) e Turchia (-41,3%). La maglia nera spetta però ad Hong Kong, che raggiunge una flessione del -51,5%.

Le attese sulla seconda parte, che si inaugura proprio con la nuova edizione di Milano Unica, restano prudenti. Sulla base dell’Indagine svolta da Confindustria Moda su un campione di aziende associate, le sole imprese operanti nel monte della filiera (tessitura inclusa) prevedono, praticamente all’unanimità, di chiudere l’anno in calo; solo nel 14% dei casi la flessione è attesa entro il -20%.           

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